Lettera angosciante dall’ AQUILA ( DIFFONDETE PER FAVORE)

Oggi Briccone fa il postino, vi prego di diffondere questa lettera.

Questa lettera è stata  scritta da Andrea Gattinoni*, un attore che si trovava a L ‘Aquila per  presentare un film. Le parole sono dirette a sua moglie ma rappresentano  un’efficace testimonianza per tutti quelli che a L’Aquila non ci sono ancora  stati.

*Andrea, per chi non se  lo ricordasse era uno degli interpreti del recente film “Si può fare” con  Claudio Bisio, su un gruppo di “pazzi”.

Oggetto: HO VISTO L  ‘AQUILA

Lettera a mia  moglie scritta ieri notte

Ho visto l ‘Aquila. Un  silenzio spettrale, una pace irreale, le case distrutte, il gelo fra le  rovine. Cani randagi abbandonati al loro destino. Un militare a fare da  guardia a ciascuno degli accessi alla zona rossa, quella off limits.

Camionette, ruspe, case  sventrate. Tendopoli.

Ho mangiato nell’unico  posto aperto, dove va tutta la gente, dai militari alla protezione civile.  Bellissimo.

Ho mangiato gli  arrosticini e la mozzarella e i pomodori e gli affettati.

Siamo andati mentre in  una tenda duecento persone stavano guardando “Si Può Fare”. Eravamo io,  Pietro, Michele, Natasha, Cecilia, Anna Maria, Franco e la sua donna. Poi  siamo tornati quando il film stava per finire.

La gente piangeva.

Avevo il microfono e mi  hanno chiesto come si fa a non impazzire, cosa ho imparato da Robby e dalla  follia di Robby, se non avevo paura di diventare pazzo quando recitavo.

Ho parlato con i ragazzi,  tutti trentenni da fitta al cuore.

Chi ha perso la  fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa. Francesca, stanno malissimo.  Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della protezione civile non  potessero piombargli nelle tende all’improvviso, anche nel cuore della notte,  per CONTROLLARE. Gli anziani stanno impazzendo.

Hanno vietato internet  nelle tendopoli perché dicono che non gli serve.

Gli hanno vietato persino  di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di quello che  avevano scritto c’era la parola “cazzeggio”.

A venti chilometri  dall’Aquila il tom tom è oscurato. La città è completamente militarizzata.

Sono schiacciati da  tutto, nelle tendopoli ogni giorno dilagano episodi di follia e di violenza  inauditi, ieri hanno accoltellato uno.

Nel frattempo tutte le  zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti di militari, che  controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8. Ti rendi conto di  cosa succederà a questa gente quando quei pezzi di ***** arriveranno coi  loro
elicotteri e le loro auto blindate? Là ????

Per entrare in ciascuna  delle tendopoli bisogna subire una serie di perquisizioni umilianti, un terzo  grado sconcertante, manco fossero delinquenti, anche solo per poter salutare  un amico o un parente.

Non hanno niente, gli  serve tutto. (Hanno) rifiutato ogni aiuto internazionale e loro hanno bisogno  anche solo di tute, di scarpe da ginnastica.

Per far fare la messa a  Ratzinger, il governo ha speso duecentomila euro per trasportare una chiesa di  legno da Cinecittà a L’Aquila.
Poi c ‘è il tempo che non passa mai, gli  anziani che impazziscono.

Le tendopoli sono  imbottite di droga. I militari hanno fatto entrare qualunque cosa, eroina,  ecstasy, cannabis, tutto.

E ‘ come se avessero  voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a stordirsi di  qualunque cosa, l’importante è che all’esterno non trapeli nulla.

Berlusconi si è  presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio.

Il ragazzo che me l’ha  raccontato mi ha detto che sembrava un venditore di pentole. Qua i media  dicono che là va tutto benissimo. Quel ragazzo che mi ha raccontato le cose  che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi adulti, a qualche anziano, mi ha  detto che “quello che il Governo sta facendo sulla loro pelle è un gigantesco  banco di prova per vedere come si fa a tenere prigioniera l’intera popolazione  di una città, senza che al di fuori possa trapelare niente”.

Mi ha anche spiegato che  la lotta più grande per tutti là è proprio non impazzire. In tutto questo ci  sono i lutti, le case che non ci sono più, il lavoro che non c’è più, tutto  perduto.

Prima di mangiare in quel  posto abbiamo fatto a piedi più di tre chilometri in cerca di un ristorante,  ma erano tutti già chiusi perché i proprietari devono rientrare nelle  tendopoli per la sera.

C’era un silenzio  terrificante, sembrava una città di zombie in un film di zombie. E poi  quest’umanità all’improvviso di cuori palpitanti e di persone non dignitose,  di più, che ti ringraziano piangendo per essere andato là.

Ci voglio tornare.

Con quella luna  gigantesca che mi guardava nella notte in fondo alla strada quando siamo  partiti e io pensavo a te e a quanto avrei voluto buttarmi al tuo collo per  dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.

Dentro al ristoro privato  (una specie di rosticceria) in cui abbiamo mangiato, mentre ci preparavano la  roba e ci facevano lo scontrino e fuori c ‘erano i tavoli nel vento della  sera, un commesso dietro al bancone ha porto un arrosticino a Michele,  dicendogli “Assaggi, assaggi”.

Michele gli ha detto di  no, che li stavamo già comprando insieme alle altre cose, ma quello ha  insistito finchè Michele non l’ha preso, e quello gli ha detto sorridendogli:  “Non bisogna perdere le buone abitudini”.

Domani scriverò cose su  internet a proposito di questo, la gente deve sapere.

Anzi metto in rete questa  mia lettera per te.

Andrea Gattinoni, 11  maggio notte


Lettera angosciante dall’ AQUILA ( DIFFONDETE PER FAVORE)ultima modifica: 2009-07-02T10:30:00+02:00da briccones
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4 pensieri su “Lettera angosciante dall’ AQUILA ( DIFFONDETE PER FAVORE)

  1. Domani la posto da me, dovremmo tenerla in rete almeno un giorno a testa tutti. Personalmente leggo il blog di Miss Kappa, ma e’ parte in causa e troppa gente equivocherebbe, questa no, questa e’ una testimonianza al di sopra delle parti.
    PS
    Non postare “pausa” l’ho fatto io, ogni tanto ci provo. vado a votare questo post.

  2. Tina. Quando togliamo il velo di fard che quel pirla ci stende attorno purtroppo ci accorgiamo di vivere in una nazione che si incattivisce e allo stempo regredisce.

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